Il lungo viaggio del gas raccontato da un fotografo del Levante Fiorentino, grazie a Toscana Energia
Fiorentino da una vita, anche se con sangue maremmano e lombardo, laureato in lettere, è sposato con due figli. Si occupa di editoria dal 1991, prima come dipendente di una nota casa editrice della sua città, ora come fotografo e articolista free-lance. Collabora a riviste quali Informatore, Toscana Oggi, Calabria7, e a importanti case editrici.
La mattina, è un gesto piccolo e banalmente quotidiano accendere il gas sotto la moka; ma dietro quella fiammella violacea, ci sono tecnologie raffinate, lavori e problematiche enormi, viaggi intercontinentali.
In Italia, il metano arriva da Algeria (il gasdotto giunge a Mazara del Vallo), Libia (Gela), Russia (Tarvisio) e Norvegia e Olanda (passo del Gries). Si stanno realizzando due nuovi metanodotti: uno proveniente sempre dall’Algeria che approderà prima in Sardegna e poi a Piombino, e quello che unirà il Mar Nero con la Puglia.
Nella nostra regione la distribuzione del gas è in gran parte appannaggio di Toscana Energia (attiva anche nel settore delle energie rinnovabili) che distribuisce circa un miliardo di metri cubi di metano in 106 comuni toscani, la metà circa di quanto consumiamo noi toscani (in Italia il consumo è pari a 75-80 miliardi di metri cubi). Ricordiamo che la distribuzione del gas è assegnata dai singoli comuni con aste a cui partecipano varie società.
È interessante sapere che l’Italia ha un grande patrimonio tecnologico (esportato anche all’estero) nella perforazione di pozzi e nella messa in opera di gasdotti terrestri e marini.
Tale sapienza tecnica è da tempo al servizio anche della Russia (e prima dell’Unione Sovietica): sono più di 40 anni che l’Italia (più precisamente l’Eni) ha rapporti con questo paese, contribuendo al suo sviluppo tecnologico, soprattutto nei settori dell’estrazione di petrolio e gas e del loro trasporto.
Quindi dimentichiamo
quanto letto e sentito sull’obsolescenza di tante industrie ex sovietiche e
immaginiamo impianti moderni e all’avanguardia, come quelli di Novy Urengoy che
danno il 90% del gas russo, il 20% di quello mondiale.
La città nel ghiaccio
Ed è proprio in questa città siberiana e nei suoi sterminati e bianchi dintorni che il fotografo e giornalista fiorentino Marco Quinti, grazie a Toscana Energia, ha realizzato In Siberia (libro fotografico fuori commercio).
Novy Urengoy è una città sorta dal nulla, e nel nulla, circa 30 anni fa, a pochi chilometri dal circolo polare artico e a 4 giorni di macchina dal più vicino centro abitato.
Anche se “neonata”, ci vivono 200.000 persone che dispongono di ospedali, scuole, teatri, ristoranti; vengono da tutta la Russia perché pagate fino a 5 volte di più dei loro colleghi, date le condizioni di disagio in cui vivono. Ormai ci sono più generazioni di cittadini: nonni, figli e nipoti.
I loro vicini di casa sono i Nenèts, popolo della steppa. Molto ospitali, vivono ancora come mille anni fa: nomadi al seguito delle renne che allevano e che è la loro unica fonte di sostentamento.
La renna dà tutto: cibo, pelle per i vestiti e le tende, ossa per creare oggetti da vendere. Insieme a delle bacche rosse da cui ricavano un succo, è anche l’unica fonte vitaminica, mancando frutta e verdura, dato il clima: la renna mangia muschi e licheni le cui vitamine, rimangono nel suo sangue, bevuto caldo appena ammazzato l’animale. Per noi è una curiosità, per i Nenèts la vita.
Il “racconto fotografico” è stato faticoso, lavorando a
temperature anche di -40°, aggravate da venti fortissimi. «Già a -20° le
macchine non funzionano più. Quindi bisogna averne 2, tenendone una al caldo
per quando si blocca la prima che va rimessa al caldo in attesa di poterla
riusare quando si ferma la seconda».
E poi le mani: pur con guanti supertecnologici abbastanza fini per mettere a fuoco, regolare tempi ed esposizioni, cambiare obbiettivi, ogni tanto «finivano dentro le classiche muffole monodito per recuperare calore». Ma è valsa la pena: «poter raccontare un posto sconosciuto e straordinario è la cosa più bella che possa capitare».
Scatti d’Accademia
È il titolo della mostra fotografica che l’Associazione fotografi del levante fiorentino ha realizzato con la collaborazione del Comune di Pontassieve. Si tiene dal 25 maggio al 4 giugno, durante la 44ª edizione del Toscanello d’oro, manifestazione dedicata al Chianti Rufina.
Soggetti dei 32 scatti, opera di 11 fotografi dell’associazione, sono il David e i Prigioni di Michelangelo, il modello del Ratto delle Sabine di Giambologna e i gessi di Lorenzo Bartolini, tutte opere custodite al Museo dell’Accademia di Firenze. L’immagine del David, scomposta e osservata dai diversi punti di vista degli autori, è riunificata proprio dal collage delle diverse foto.
L’Associazione fotografi del levante fiorentino organizza
corsi, escursioni, concorsi, per valorizzare il territorio. Il presidente è
Paolo Belardinelli, uno dei fotografi-soci, mentre il vicepresidente è Marco
Quinti che tiene i corsi di fotografia ed è un fotografo giramondo: oltre che
in Siberia, fra l’altro è stato in Cambogia, Tanzania e Brasile.
Scatti d’Accademia
Si ringraziano
Lorenzo Becattini, presidente di Toscana Energia, e Marco Quinti, fotografo, per le preziose informazioni
Foto di Marco Quinti