Storia e curiosità di un piatto nato nel Maghreb. Le varianti locali
Giornalista
Si è formata professionalmente come collaboratrice stabile della cronaca toscana de l'Unità, redazione cultura e spettacoli, dal '90 al '97, per la quale si è occupata di musica - in prevalenza rock - moda, costume e cinema. Attualmente collabora con il Corriere di Firenze per il quale è corrispondente per la cronaca locale da Empoli, e per il mensile Rockstar. Esperta di linguaggi e culture giovanili, di viaggi e turismo, è inoltre appassionata di enogastronomia.
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Il piatto della pace |
Nessun altro piatto come il cous cous si lega alla storia e alle tradizioni conviviali delle popolazioni arabe, soprattutto del Maghreb. Eppure la sua vicenda secolare non si esaurisce su quell'unica sponda del Mediterraneo, ormai storicamente riconosciuta come sua terra d'origine, ma seguendo le rotte di mercanti e di conquistatori, il
kuskusu - per dirlo in arabo - è approdato in Spagna, in Francia e anche in Sicilia.
La sua nascita si perde nella notte dei tempi e per averne qualche notizia bisogna risalire agli antichi
imazighen, cioè i Berberi abitanti delle montagne e delle valli del Maghreb, già prima dell'invasione araba del VII secolo dopo Cristo. Per preparare questa specie di antenato del cous cous, gli
imazighen utilizzavano soprattutto frumento, talvolta miglio e orzo, da cui ricavavano una specie di semola che impastavano con acqua o latte. Ottenevano così delle rudimentali pappe a cui davano il nome di
kskso, o
kuski.
Oggi il termine cous cous sta ad indicare sia la semola di base sia l'intero piatto completo di tutte le altre portate che lo accompagnano - carni, legumi e verdure cucinati generalmente con molte spezie, come tradizione comanda - con le varianti locali, dal Marocco alla Libia.
Generalmente viene servito in un unico grande piatto rotondo, a cui attingono tutti i commensali dopo aver pronunciato solennemente la parola
bismillah (in nome di Dio).
Non esistono piatti individuali, per cui mangiare il cous cous tutti insieme è un momento di grande convivialità, soprattutto alla fine del digiuno giornaliero durante il
Ramadàn.
Prepararlo non è operazione durante la quale si possa essere disinvoltamente distratti. Si tratta quasi di una sorta di rituale che si lega alla tradizione religiosa più che a quella gastronomica. Chi lo prepara non deve essere turbato da pensieri negativi di nessun tipo.
La distribuzione di cous cous ai "fratelli" più poveri è parte integrante della
sadaqa, l'elemosina, considerata una delle azioni più meritevoli di ogni devoto dell'Islam ed è inoltre portatore di
baraka, cioè di grazia divina. E' la pietanza rituale del venerdì, il giorno più sacro della settimana. E' il piatto unico che viene servito dopo i funerali e con cui si accolgono i pellegrini di ritorno dalla Mecca.
Per preparare la semola occorrono tempo e pazienza. Si pongono nella
marafadda (recipiente a forma di tronco di cono) due tipi di semola, a grani piccoli e grani grossi, e si spruzza con acqua salata. Si lavora la semola imprimendo con la mano un movimento rotatorio fino ad ottenere dei piccoli agglomerati. Dopodiché si pone ad asciugare su un telo. Quando è asciutta si sistema nella cuscussiera, l'apposito utensile forato - una specie di colapasta - che si porta sul fuoco sovrapponendolo alla
marga, una pentola piena d'acqua destinata a produrre il vapore per la cottura.
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Il piatto della pace 2 |
Il kuskusu viene disposto sul piatto di portata con la semola tutta intorno, la carne e la verdura al centro. A parte, si accompagna con una ciotola di brodo arricchito da spezie di ogni tipo, da cui ognuno può attingere a piacere. I tradizionalisti usano le mani, prendendo i pezzi di carne e verdura e formando una specie di pallina con la semola, la maggioranza - soprattutto oggi - preferisce usare il cucchiaio.
La semola di grano duro, base del piatto, è uguale dappertutto, ma gli ingredienti che ne costituiscono il condimento variano da regione a regione.
In Tunisia, per esempio, si usa molto il pomodoro e l'
harissa, piccantissima salsa di peperoncino. In Marocco si abbonda con le spezie del
ras al hanut (letteralmente "il padrone della bottega") di cui ogni venditore ha la sua ricetta segreta, frutto di alchimie misteriose. In alcune zone del nord si usa aggiungere uvetta e miele alla carne.
Dappertutto si utilizza prevalentemente carne di agnello, di montone o di pollo. Il cous cous marocchino è sovrabbondante e sontuoso, quello algerino è più semplice, quasi austero. La versione siciliana, invece, prevede l'utilizzo del pesce.