A Vernio, in provincia di Prato, si celebrano la Festa della miseria e la Fiera di San Giuseppe
Fiorentino da una vita, anche se con sangue maremmano e lombardo, laureato in lettere, è sposato con due figli. Si occupa di editoria dal 1991, prima come dipendente di una nota casa editrice della sua città, ora come fotografo e articolista free-lance. Collabora a riviste quali Informatore, Toscana Oggi, Calabria7, e a importanti case editrici.
Festa della Miseria, Vernio - Foto Ottica Sarti
Il 5 marzo, a Vernio, comune della provincia di Prato, si tiene la 441ª edizione della “Festa della miseria”, detta anche “Festa della polenta” o “Pulendina”. Come spiega Emiliano Baldi dell’Ufficio Cultura Turismo e Sport dei Comuni di Cantagallo-Vaiano-Vernio, «è la più antica rievocazione del territorio pratese e rappresenta l’identità e la storia di una comunità».
La festa rammenta un fatto che si narra accaduto nel 1512. Durante l’invasione spagnola della Toscana, il paese visse una grave carestia. I conti Bardi, banchieri e mercanti fiorentini che erano allora i signori della zona, distribuirono alla popolazione polenta dolce di farina di castagne, aringhe e baccalà.
A distanza di secoli, ogni prima domenica di quaresima, il Comune di Vernio e la Società della miseria-Gruppo storico conti Bardi (tra le associazioni fondatrici della Federazione italiana giochi storici), propongono un gran numero di appuntamenti fra tradizione, storia ed enogastronomia. In piazza del Comune a San Quirico di Vernio, sono preparati pentoloni di polenta di farina di castagne, che poi viene distribuita alla popolazione. Stand gastronomici servono necci, castagnaccio e frittelle dolci.
Il tradizionale corteo in costume storico sfila con i numerosi figuranti per le vie del paese a partire dalle 10, mentre nel corso della giornata si esibiscono altri gruppi storici provenienti da tutta la Toscana. Ci sono anche stand con prodotti d’artigianato locale e banchi degli antichi mestieri.
«La tradizione storica e culturale - prosegue Baldi - si lega alla gastronomia del territorio, da secoli vocato alla coltivazione di castagne di alta qualità. Infatti i Comuni della Valbisenzio sono promotori da alcuni anni di un consorzio di produttori. La castagna e i suoi derivati sono stati per secoli l’alimentazione principale del popolo. E ancora oggi, a Vernio, nelle famiglie la polenta di farina di castagne (o pattona) è spesso in tavola. Tradizionali anche il castagnaccio, le frittelle e i necci, per non parlare dei ballotti (castagne bollite con il finocchio) e delle bruciate o frugiate (castagne arrostite)».
È primavera!
Sempre a marzo, il 19, Vernio organizza la “Fiera di San Giuseppe”, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. «È una fiera legata al mondo rurale - spiega Baldi -: per la sua posizione nel calendario segna il passaggio dall’inverno alla primavera. Nei secoli ha assunto sempre più la connotazione di mercato di piante e animali. Dopo un periodo di declino, negli anni Ottanta e Novanta del XX secolo, dal 2004 ha ripreso vita, grazie alla Comunità montana e al Comune di Vernio».
È dislocata in due poli: a Mercatale di Vernio, dove si svolge la mostra della Mucca Calvanina - unica manifestazione regionale dedicata a questa razza reliquia, cioè a rischio estinzione -, e in piazza del Comune a San Quirico di Vernio, che ospita la rassegna dedicata alle principali razze di animali da corte - polli, conigli, piccioni, ma anche pecore - allevate in Toscana.
La “Fiera di San Giuseppe” è uno dei più importanti mercati per valorizzare i prodotti locali, in particolare quelli caseari, il miele e i biscotti del territorio: gli zuccherini, i cantuccini e le numerose produzioni contemporanee.
Un indicatore importante del crescente successo della fiera è il numero degli espositori, in costante aumento: nella passata edizione erano ben 130, da Lombardia, Lazio, Puglia, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Sicilia.
www.comune.vernio.po.it, www.cmvaldibisenzio.it
A pranzo con i bifolchi
Un tuffo nel passato per scoprire piatti e tradizioni del sedicesimo secolo quando si celebrava la Festa dei “Bifolchi”. I bifolchi erano soliti offrire una cestiera di grano alla Madonna di Pietracupa in cambio di un lauto pranzo a base di carne. Sulla tavola sfilavano minestra in brodo, bollito di manzo, carne al sugo, pollo, pane e vino. La tradizione rivive anche quest’anno il 19 marzo (ore 13), quando il Santuario della Madonna di Pietracupa aprirà l’oratorio e gli antichi locali per ospitare fino a 200 persone per un pranzo con antipasto, penne al ragù, stracotto con contorno di piselli e fagioli all’uccelletto, dessert. L’antica tradizione sopravvive grazie all’impegno di tutti gli abitanti di San Donato ed è un’occasione speciale per stare insieme, degustare buon cibo e visitare il Santuario di Santa Maria delle Grazie, dove è conservato un celebre affresco attribuito alla scuola di Masaccio.
Prenotazioni: Sig. Danilo 0558072952
A settembre la rievocazione storica dell’insediamento del vicario all’interno del borgo
A giugno la festa e le iniziative per valorizzare l’attività artigiana del territorio
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