La voce degli internati in Germania nel libro "Arbeiten!" di Fabrizio Silei
Giornalista E' nata e vive a Firenze ma è per metà senese. Ha iniziato a frequentare il mondo del giornalismo giovanissima, collaborando con quotidiani come La Città, Paese Sera e numerosi mensili toscani. Ha lavorato al quotidiano Mattina, allegato toscano dell'Unità, fino al '99, poi al Corriere di Firenze, infine caposervizio delle pagine dell'Unità in Toscana. Scrive sull'Informatore dal 1990.
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Eroi silenziosi |
Silenziose e determinate, nel rigido inverno del 1944 le donne di Vienna sfidarono la neve e i nazisti per regalare la vita ai prigionieri italiani. Tozzi di pane abbandonati casualmente sui muretti di un giardino pubblico, buoni per il pane nascosti in una palla di neve, e poi pezzi di torta al cioccolato e vettovaglie di ogni genere sottratte alla famiglia per aiutare il "nemico". Grazie a quelle donne e ad un sorvegliante ceco di manica particolarmente larga, un manipolo di prigionieri italiani visse in maniera diversa il Natale del '44 e poté sopravvivere alla fame e ai rigori di quell'inverno ghiacciato.
"Le donne di Vienna" è una storia vera. Lo scrittore fiorentino Fabrizio Silei l'ha strappata all'oblio della storia per trasformarla in un breve e toccante racconto. Silei, che ha lavorato per anni sulla seconda guerra mondiale raccogliendo testimonianze di ex internati, partigiani, soldati e delle loro famiglie, ha scelto alcune di queste storie per realizzare una serie di racconti che sono confluiti in "Arbeiten!", volume pubblicato da Polistampa (85 pp., 9 euro) nel quale la memoria torna a bussare alle nostre coscienze con un tocco fresco e originale. Dalla tragedia di Cefalonia raccontata dalla voce di Amos Pampaloni ai piccoli grandi eroismi di umili contadini catapultati loro malgrado al fronte, Silei dà voce a quella parte d'Italia che non ha mai potuto esprimersi. E così la grande storia si arricchisce delle esperienze straordinarie di uomini semplici, spesso analfabeti, carichi di un bagaglio di vita che dà una nuova luce a fatti che sembrerebbero ormai arcinoti.
Nei racconti di Silei si scopre che non tutto è bianco o nero, che il nemico può essere anche buono, che soprattutto in tempo di guerra è l'uomo che si trova di fronte all'uomo, nel bene e nel male. E che in mezzo ad immani tragedie possono far capolino grandi gesti di umanità.
«Ascoltando questi uomini ho capito che è più miracoloso e degno di essere tramandato il gesto delle donne di Vienna o del dottore tedesco che rischia la vita per salvare i prigionieri italiani dalle SS piuttosto che il ripiegamento morboso sull'orrore», spiega oggi lo scrittore. E siccome le passioni hanno il vizio di germogliare, ecco che Silei ha attinto ancora dalla seconda guerra mondiale per scrivere un nuovo romanzo per ragazzi, "Alice e i nibelunghi" (in corso di pubblicazione da Salani), nel quale si affronta il tema spinoso del negazionismo storico della Shoah. Un libro importante, soprattutto per il pubblico al quale è rivolto, spesso indifeso nei confronti di certe manipolazioni della storia. Dagli ex internati ai ragazzini del 2007, perché il filo rosso della memoria non si spezzi mai.